Locride, 2008
La cosa che più mi affascina di questi ''non luoghi'' - che ritengo di conoscere abbastanza e che però ogni volta mi sorprendono di continuo - è quell'apparente senso di precarietà e di non definitivo che traspare all'occhio di chi guarda. Questa apparente precarietà, questa sensazione di non definitivo, a mio avviso, ha in se qualcosa che va oltre l''apparenza. Diventa essenza. In questo paesaggio disordinato si materializza un'estetica che impone codici di lettura non usuali, diversi, belli e anche poetici. Tornando indietro nel tempo poi, questa statale, questi luoghi, per molti della mia generazione, hanno rappresentato uno straordinario periodo di formazione, fatto di sogni, speranze, illusioni e... delusioni.
Portando sempre con se, comunque, l'idea del ''viaggio''.
La ‘SS 106’ di Antonio Pezzano
La fotografia è l’occhio attento della nostra coscienza. Quante cose che sfuggono, rivela un obiettivo puntato sulla nostra stessa realtà; quante cose vediamo o ri-vediamo di noi, del nostro intorno e quanta bellezza è là dove l’occhio non vede, distratto da un guardare abitudinario!
‘SS 106’ è un topos di una realtà territoriale.
Antonio Pezzano nei suoi scatti non mostra la bellezza di quello che ci si aspetta, piuttosto vede paesaggi modificati dall’intervento dell’uomo, un uomo che non c’è, quasi cancellato dal suo stesso fare. "Man's altered landscape" è il nome che un gruppo di fotografi diede già negli anni ‘ 70 alla propria visione del mondo piuttosto critica rispetto alla classica fotografia del “ bel paesaggio” e attenta alle problematiche dell’ambiente. Il linguaggio di Pezzano può essere ascritto sicuramente in tale ambito che predilige i punti di vista freddi ed è capace di cogliere gli aspetti sublimi della normalità quotidiana: uno stile senza stile, come nella filosofia antropologica dei “nuovi topografi”, appunto, da Lewis Baltz a Joe Deal, a Robert Adams. Nelle immagini di ‘SS 106’ l’ameno e l’orrido si incontrano perfettamente in una sorta di terreno neutro, un paesaggio territoriale sospeso, alla Ghirri. Non luoghi o forse luoghi dove il pericolo della perdita è in agguato. Gli effetti scenici, le gerarchie sono pressocché banditi: non si aggiunge nulla alla realtà. Tuttavia nelle foto di Pezzano l’uso della luce e del colore e le scelte compositive si combinano in una drammaticità trasfigurata che accenna, a tratti, ad una incursione romantica: allora ‘SS 106’ diventa la rappresentazione perfetta della ricerca reiterata di qualcosa, è un modo di essere, di vivere. E’ il viaggio. Il dato puramente topografico si invaghisce di significati mentali e simbolici e va verso l'acquisizione del luogo come paesaggio culturale.
Marò d’Agostino