Di amore non si parla, di amore si vive.
Come funzioni l'amore ce lo dice la stessa parola: "amore", "a-mors", ciò che sconfigge la morte, la vita.
Davvero vivere è amare (to live is to love, leben ist lieben).
Ed è per questo che di amore si può delirare, che di amore si può impazzire, che l'amore fa dire parole folli, in cui stentiamo a riconoscerci quando ci capita di rileggerle dopo tempo.
Ed è per questo che l’amore può essere sgrammaticato: trasforma la nostra grammatica emotiva.
Ed è per questo che l'amore fa compiere atti anche insensati, in cui stentiamo a riconoscerci quando ci ripensiamo dopo tempo.
Ed è per questo che gli atti distruttivi e auto-distruttivi non sono mai atti d'amore, perché sono atti di morte, atti che negano la vita.
L'amore fa fare le cose più strane, quelle che ci sembrano estranee a noi stessi, eppure insieme quelle che ci rendono chi davvero siamo.
L'amore è una cosa tremendamente semplice: è ciò che complica la vita, perché apre strade e rapporti imprevedibili e talora persino impossibili o presunti tali.
C'è forza in ogni atto e sentimento d'amore, che può rischiare di "incatenare" anziché liberare. Eppure talvolta le catene d'amore sono dolci, danno sicurezze, punti di riferimento.
Che l'amore si contraddica non deve sorprendere, se è vero che amare è vivere, e nulla è più contraddittorio della vita.
Ed è vero che l'amore ha una storia, non solo le storie che ci fa vivere ma le storie che subisce: non si ama oggi allo stesso modo di 50, 100, 1000 anni fa. Non si ama in un posto allo stesso modo di un altro, per nulla.
Eppure a persistere è lo sforzo di amare, l'amare e non l'amore: in tutti i luoghi, in ogni tempo, per tutti gli esseri umani.